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Money Plant, la pianta più social del momento

“Se potessi avere Mille lire al mese, senza esagerare, sarei certo di trovare tutta la felicità”
Era il 1939, C. Innocenzi e A. Sopranzi scrissero questa canzone per il film omonimo.
Il successo fu immediato. L'Italia degli anni 30 in piena inflazione fece proprio l’allegro ritornello,tanto era orecchiabile che lo si cantava fino a pochi decenni fa .
Mille lire al mese era il sogno piccolo borghese degli italiani per bene, i quali desideravano...
“Un modesto impiego, io non ho pretese, voglio lavorare per poter alfin trovare tutta la tranquillità”
La trama del film ormai dimenticata parla di un giovane italiano, il quale nonostante la sua specializzazione, è disoccupato e tormentato dai debiti.
2019, ottant’anni dopo l’Italia sembra non vedersela meglio!
Circa la metà della popolazione vive in prima persona o di riflesso per un proprio caro, il problema e la preoccupazione relativo all’occupazione.
Nessuna canzone è stata scritta a tal proposito, ma in campo botanico è venuta in aiuto una simpatica piantina, per farci sperare, sorridere, sognare come il protagonista del film.
Pilea peperomioides, questo è il suo nome, soprannominata “pianta delle monete”.
La pianta è originaria dell’America latina e dell’Asia, due arie geografiche anch’esse complicate economicamente. Le popolazioni sofferenti accorgendosi che le foglie sono perfettamente tonde come monete, hanno sognato di vedere ricchezza e così il nome è stato coniato.
I cacciatori di piante olandesi non si sono fatti scappare questo piccolo ma importantissimo dettaglio ed ecco che milioni di piantine “Mony plant” si sono riversate sui mercati internazionali.
Arrivate in negozio con un bel logo raffigurante un simpatico maialino salvadanaio hanno automaticamente incuriosito i passanti. Il prezzo competitivo ha permesso che sparissero in un battibaleno!

Un vero successo!
Inutile dire che “Money plant“ pubblicata sui vari social ha avuto like da superstar!
Per finire una cliente mi ha per davvero chiesto “ Ma funziona davvero?”
Ridendo ho risposto ”Non lo so ma è bello crederci!”
Nei paesi d’origine è famosa per la sua nomea nel portare fortuna e abbondanza a chi si regala. Nonostante la bella aurea che la circonda la Pilea è effettivamente una bella pianta da appartamento, generosa di foglie se ben curata.
Una caratteristica che l’ha resa tanto attraente tra gli appassionati di piante da appartamento di tutto il mondo è la facilità nel propagarsi.
Intanto il protagonista del nostro film del 1939 continua a cantare e sperare reali soluzioni al suo problema ...

”Ho sognato ancora, stanotte amore, l’eredità d’un zio lontano americano...”
Ironia della sorte caro giovane del 1939-2019, la Pilea in America settentrionale e Australia, non solo è molto amata ma ha un nome ben diverso! Pancake plant!
Effettivamente in terre più serene economicamente i “nostri zii” nelle belle fogli tonde non riescono a vedere se non un delizioso dolcetto dal nome Pancake!
Quindi non rimanerci male se il postino ti recapiterà da parte dello zio un bel pacco di preparato per Pancake!
La strofa continua ahimè, così che tutti gli italiani continuano a cantare ...”Se questo sogno non si avverasse come farò, il ritornello ricanterò”
“ Se potessi avere mille lire al mese, senza esagerare, sarei certo di trovare tutta la felicità!
Intanto, consiglio di goderci la buona fortuna delle piccole cose che abbiamo, ammirare la nostra nuova Pilea e mangiare un bel dolce italiano, i quali senza offesa sono decisamente più buoni dei Pancake!

Anny Pellecchia

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Christmas in love

Ci siamo, è arrivato il Natale. Le città si trasformano, le luci si accendono, il rosso, il bianco e l’oro illuminano le vetrine dei negozi e quasi per magia ci sembra di vivere in un’altra dimensione.
Tutte le strade sono un fermento di energia, c’è voglia di shopping.
In ufficio arriva il fattorino del fiorista, il capo come ogni anno regala ai dipendenti una piccola Stella di Natale per abbellire le scrivanie.
«Di nuovo Natale», sospira Alessandro; senza spostare lo sguardo dal monitor apre il cassetto della sua scrivania e tira fuori un piccolo albero e un minuscolo presepe, regalo di un’amica napoletana.
Quel tris può bastare per le decorazioni dell’anno. 45 anni di Natale, di cui gli ultimi sempre più pesanti.
La Festa è una resa dei conti di fine anno. Alessandro ha un lavoro importante, una famiglia, figli, una bella casa, tanti amici… e anche tante cose che purtroppo non è riuscito a realizzare.
Passa le mani tra i capelli, anche quelli sono caduti, rimane però sempre un bell’uomo, alto, elegante nei modi, occhi verdi, barba rada chiara.
«Non sembri italiano», così lo canzona Irina, la sua nuova fidanzata ucraina.  Lui di solito ride e risponde: «Be’, in Italia di invasioni ne abbiamo avute tante! Un bel po’ di gente ha rimescolato le carte in tavola».

Guarda il cellulare, un messaggio, è proprio di Irina!
«Ma dove sei?». Salta dalla sedia, è in ritardo, è la vigilia e non se n’è reso conto.
Deve consegnare un lavoro prima delle vacanze e tutto è passato in secondo piano, anche il cenone.
Scende di corsa in strada. Che freddo stasera a Salerno, alza il bavero della giacca e corre in via De Felice.
In cuor suo prega di trovare ancora aperto il fioraio che è lì da anni.
Non può presentarsi a mani vuote. La speranza è premiata.
Il negozio è caldo e accogliente. Una sensazione di benessere lo invade.
Da quanto tempo non entrava da un fiorista? Lo sguardo è rapito dalle meravigliose composizioni, l’olfatto si riempie di aria buona, fatta di conifere e muschi.
Per una frazione di secondo pensa di essere in un bosco incantato: cristalli, sfere, cerbiatti, rami, bacche, ghirlande.
E le Stelle di Natale? Si sono trasformate, le nuove varietà di una pianta così classica lo spiazzano.
La Poinsettia è diventata per magia una piramide, un palloncino su un gambo sottile, un grande cespuglio o un piccolo chic monofiore.
Colori nuovi, rosa, rosso screziato, glitterati, lasciano senza parole!
Poi lo sguardo si posa su due vecchie fotografie appese al muro.
La prima datata Natale 1945, la seconda 1931. La mia voce lo risveglia: «Il negozio nasce a Nocera nel 1919, quest’anno compie cento anni! Come posso aiutarla?».
Alessandro ride divertito, in quel negozio antico si sente a suo agio.
Pensa a tutte le donne di casa, per ognuna vuole un dono floreale. Per la madre sceglie la classica Stella di Natale rossa.
Per la zia un fascio di erbe augurali, a sua sorella un elleboro, alla badante della mamma una piccola conifera, a Irina, che ama tanto i fiori, un Amaryllis.
«Questo fiore porta nel suo nome il verbo amare – esclamo mentre lo incarto – che sia l’augurio di un nuovo anno all’insegna dell’amore.
Ci siamo fatti inghiottire dal materialismo e dal relativismo, rinnegando la nostra cultura dalle origini.
L’Europa ha le sue fondamenta nella tradizione cristiana, ricca di compassione e solidarietà.
Una rete di abbazie fu capace di integrare nel segno dell’accoglienza con una semplice formula di vita: “Ora et labora”.
Questo agire di uomini eletti ha sedotto e disarmato gli invasori.
E ora ecco la mia piccola nuova Europa, i miei collaboratori: Conrad dalle Filippine, Angelina dall’Ucraina, Samir dall’India e mio figlio Stefano con tutto l’entusiasmo e la preparazione dei giovani italiani.
Non sarà perfetta, ma funziona. Oh, mi scusi per le chiacchere, sono una fiorista con in tasca una laurea in lettere e filosofia. Buon Natale, signore, auguri di cuore».
Alessandro esce contento, però continua a pensare alle parole della donna.
Poche ma buone regole ripescate dal passato, un umanesimo di armonia e di poesia nelle creazioni floreali, tra quattro lingue e culture diverse mescolate insieme con grazia e disciplina lavorativa.
La bellezza di un negozio tradizionale è semplicemente entrare e ripetere come ogni anno un rito benaugurate. Perché passare quella soglia significa rivivere un ricordo.
Per molti è rivedere un proprio caro, ricordare la propria infanzia, la propria giovinezza.
Natale è un ripetersi di gesti, auguri, sapori, colori.
I fattorini non si fermano un attimo, le consegne sono tante, un mondo di fiori e piante entra nelle case per portare l’augurio più bello.
L’innovazione va a braccetto con la tradizione.
Ebbene sì, perché statisticamente il green ha scalato la vetta dei desideri di molti.
Anche i giovani hanno scoperto il piacere di scambiarsi regali all’insegna di piante e fiori. La scelta è immensa.
Un boom di prodotti per tutte le età e per tutte le tasche.
I social con le loro foto, Instagram per primo, incuriosiscono i clienti.
È un grande show in tempo reale.
Con un click tutti sono connessi con la bellezza green per irradiarla ovunque.
Ora Alessandro è finalmente a casa, riceve un abbraccio da tutte le sue donne, felici di aver ricevuto tutti quei bei omaggi.
Una volta a tavola osserva la sua famiglia: quante cose sono cambiate da quand’era bambino…
Sorride appagato, il regalo più bello eccolo qui, tutti insieme appassionatamente.
Auguri! Merry Christmas in love! 

Anny Pellecchia

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Terrarium

Ecco fatto, i Terrarium sono ben esposti in vetrina! Un cartellino con la scritta “novità” fa fermare i clienti incuriositi. Molti li acquistano soddisfatti. Le indicazioni date li appagano completamente. Ecosistema perfetto per chi non ha pollice verde.

Le piante vivono in un’ampolla di vetro chiuso da un tappo di sughero, tutto ciò produce umidità necessaria per farle vivere senza alcun problema. Non appassiscono mai, si nebulizzano di tanto in tanto con acqua minerale, il coperchio si solleva solo per pochi minuti una volta a settimana o addirittura una volta al mese, la potatura solo quando lo spazio diventa minimo.
I fanatici di design non possono non averlo, è un biglietto da visita per chiunque abbia una casa uno studio un negozio glamour.

“Evviva una vera novità” esordisce contenta la cliente! Sorrido, annuisco, concordo, ringrazio… eppure la mia mente da viaggiatrice immaginaria è nel 1834 imbarcata su una nave diretta in Australia e poi a doppiare capo Horn. Sono con il Dott. Nathaniel Ward e due fragili cassette di Terrarium, il viaggio è lungo e tempestoso, ma in gioco c’è un esperimento che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia dei “cacciatori di piante”.
Questi contenitori in vetro di piante ben esposti in vetrina hanno una meravigliosa storia che merita davvero di essere ricordata.

Fino al 1834 il trasporto delle piante esotiche era davvero un’impresa titanica. L’indice di mortalità delle piante in transitoera intorno al cinquanta per cento, la vita dei botanici chiamati “cacciatori di piante” non era proprio una scampagnata, tra foreste, paludi, giungle, aghi, fiumi. Le piante faticosamente raccolte, giungevano ai porti più vicini per essere imbarcate.

La sopravvivenza, da lì in poi era un vero terno a lotto. Le fragili piantine venivano sballottolate dal comandante della nave a proprio piacimento, a prua, dove gli spruzzi di acqua salata le avrebbero bruciate, o in stiva, dove sarebbero soffocate di caldo, mangiate dai topi, e soggette a sbalzi di temperatura.

I botanici le avevano provate tutte per abbassare l’indice di mortalità. Usarono barili, fogli di carta, argilla umida, cassette di legno. Niente, le piante morivano…morale della favola, i musei di Parigi e Londra erano pieni di piante secche esattamente duecentotrentacinquemilacinquecento, con altrettanti semi che proprio non riuscivano a germogliare in terre straniere.
Nel 1827 un gentiluomo, il dottor Nathaniel Ward, appassionato di botanica e insetti, prese un bruco lo pose su uno strato di muffa e lo chiuse in barattolo di vetro. L’intento era di osservare la metamorfosi in farfalla. Destino volle che se ne dimenticò del tutto. Quando dopo un po' di tempo se ne ricordò con sorpresa si accorse che dallo strato di muffa era cresciuta una piccola felce e un filo d’erba.
«Mi resi conto che durante le ore calde del giorno l’umidità si sprigionava dalla muffa condensandosi sulla superficie del vetro e poi tornava al punto di partenza, mantenendo quindi la terra sempre allo stesso livello di umidità», scrisse Ward.
Per un puro caso il nostro dottore aveva intuito che le piante sigillate, riuscivano a crescere in un atmosfera umida, libera da impurità, con luce e calore costante. Se ciò funzionava in un angolo freddo dell’Inghilterra avrebbe funzionato anche su una nave nel mezzo dell’oceano!

Il piccolo giardino nel barattolo visse ben quattro anni, Ward perfezionò i coperchi con un falegname per trovare un legno duro e ben stagionato. Costruì versioni più grandi, furono chiamati “Terraria” e divennero ben presto desiderio della classe borghese dell’Inghilterra vittoriana. Il Terrarium mania dilagò velocemente, gli ebanisti si sbizzarrivano a creare cassette elaborate per i clienti più esigenti, nacque la figura del “Bontany Bens” ovvero il venditore ambulante di felci.

In Inghilterra se ne contavano ben sessantacinque varietà, era inevitabile che l’onnipresente felce avesse un posto d’onore nei Terrarium vittoriani. Il dottore Ward però guardò oltre e decise di imbarcare due Terrarium per il suo esperimento.

Dopo otto mesi di viaggio le piante ritornarono in patria perfettamente sane!

Da questo successo nacque la prima pubblicazione “On the Growth of Plant in Closely Glazed Cases” un manuale completo sul Terrarium.

Da quel giorno la circolazione e lo scambio delle piante su tutto il pianeta fu possibile, le piante avevano un buon novanta per cento di sopravvivenza. Grazie al dottore non solo gli orti botanici si arricchirono di piante ma lo scambio di piante mediche guarirono molte persone. Il Dottor Nathaniel Ward era uno studioso, aveva quanto gli bastava per vivere, ciò a cui teneva davvero era la stima e il rispetto dei colleghi e dei floricultori.
Ward era un uomo il cui spirito si alimentava di entusiasmo, e tutto ciò che ogni uomo intraprende solo in virtù dell’entusiasmo merita di diventare storia.
Grazie dottor Nathaniel Ward anche dalle generazioni del nostro tempo!

Anny Pellecchia

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