Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti.
Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie,  clicca qui.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.
  • +39 089 227502
  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • 9:00-13:30 17:00-20:00
Iris, parafulmine dell’anima

Gli iris sono fioriti! Immancabili in negozio, mio padre non ne poteva far a meno, ogni fascio o composizione veniva abbellito con quel bel blu del cielo.

La specie più comunemente coltivata è coltivata  è l' Iris xiphioides, ma mio padre, instancabile cercatore di bello, ne aveva piantati una bella quantità di altra varietà all’ingresso del giardino di casa. Ormai sono più di cinquant’anni che i grandi Giaggioli (Iris germanica) blu-violacei annunciano l’arrivo della dolce primavera.

Iris la messaggera degli Dei, figlia di Taumante ed Elettra scendeva dal cielo lungo l’arcobaleno che da lei prendeva il nome, si materializzava innanzi ai miei occhi di bambina con lo sbocciare di quei morbidi fiori dai petali striati di varie gradazioni.
La storia degli Iris si perde della notte dei tempi, di origine asiatica gli Egizi già li coltivavano non solo per il profumo ma anche per le proprietà medicamentose e per il colore “verde Iris” ottenuto dalla pestatura dei fiori.

Con tutta probabilità gli arabi li introdussero in tutto il bacino del mediterraneo. Il bel fiore divino agli dei è stato fatto proprio dalle civiltà d’Europa.

Il Giglio della Bibbia, il Giglio di Francia, il Giglio di Firenze, il Giglio di San Marco, Il Giglio Borbonico del regno delle due Sicilie… sono in realtà Iris chiamati impropriamente Gigli. Un errore forse dovuto al fatto che entrambi appartengono allo stesso gruppo botanico, o forse perché in pieno medioevo era facile cadere in errore non avendo a portata di mano libri da consultare.
Immaginiamo solo per un attimo il re dei Franchi Clodoveo nel 507 durante la guerra vicino Poitiers combattere e vincere gli acerrimi nemici Visigoti. In quel momento terribile di paura ma anche di gioia per la vittoria vide sulle sponde di un fiume una meravigliosa distesa di fiori di gigli. Erano in realtà Giaggioli ed entrano come segno divino nello stemma della Corona di Francia.

Da quel giorno fino ad oggi vengono indicati come Gigli di Francia!
Lo stesso errore accadde con il Giglio dello stemma di Firenze, l’Iris, che cresce da sempre lungo la valle dell’Arno. La prima insegna fiorentina fu il Giglio bianco, in campo rosso, più tardi nel 1251, dopo la vittoria dei Guelfi i colori si invertirono.

Eppure la struttura iconografica dell’Iris è chiara, la conformazione è il tre: tre petali interni eretti, tre petali esterni ricadenti. In tutti gli stemmi il petalo centrale prende la forma di una picca, proprio a significare la forza della guerra e della vittoria sul nemico.
Solo Van Gogh nella sua pazzia li riconobbe come Iris. Durante il suo ricovero per un tracollo nervoso all’ospedale di Saint-Remy- de Provence, la pittura gli venne in soccorso. La bellezza della natura che circondava l’ospedale rapì i suoi occhi.

Gli Iris che ammirava divennero la medicina del suo animo, la mente si ossigenò di bellezza e pace trasferendo tutto ciò in dipinto. Immergendosi nella grande tela assistiamo al senso panico della grandiosità della Natura: la leggerezza dell’aria, il profumo di fiori, la luce del sole, la morbidezza dei petali, la guarigione interiore non solo del pittore ma anche di noi stessi. Scriverà al Fratello Theo “Gli Iris sono il parafulmine per la mia malattia”. 
In negozio per me gli Iris sono tutti gli Iris di Van Gogh. Ogni volta inserendo gli Iris nei lavori floreali dico al cliente “Non può mancare un Iris di Van Gogh”! E’ un inno all’artista, un inno alla sua sofferenza e al suo genio incompreso. I clienti sorridono e approvano.
Vincent, eri una divinità ma nessuno se ne accorse.

Sei proprio come Didone morente raccontato da Virgilio nell’Eneide: Iride rugiadosa, nel cielo traendo mille colori dal sole, discese anche su di te e si fermò sul tuo capo, ti liberò dal corpo irradiando la tua arte per l’eternità. 

Annie Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 

 


 
Anemoni - La bellezza è negli occhi di chi guarda

Marzo, una leggera brezza spira nell’aria, i cesti di piante fiorite ben esposti davanti la vetrina del negozio attraggono lo guardo dei passanti, i quali, continuando a camminare dicono: «Che bello!»
Già che bello! Alcune volte per gioco conto i “che bello” della giornata, venti, trenta, quaranta. Ancora pochi mi dico.

Arduo lavoro quello della fiorista!

Oltre lavorare i fiori c’è la missione all’educazione del bello.
E’ successa una cosa nuova nella storia del mio lavoro, ora ve la racconto.
Affianco al negozio ha aperto un negozio di cover per telefonini.

L’ho guardato e mi sono detta: «Che brutto! Tutte quelle copertine di plastica colorate per cellulari…mah!»

Il nuovo negozio, invece ha un gran successo, mese dopo mese filare di giovani, passano davanti al mio negozio senza neanche degnarsi di guardare i fiori. Camminano diritti verso le cover, con dentro il Pifferaio magico che li ha letteralmente stregati.
Per ripicca ho iniziato a rendere sempre più bello il negozio, investendo sulla vetrina.

A Natale addirittura ho esposto un bellissimo soldatino di latta alto 1,70. Bello di viso, con la sua giubba rossa, un cilindro per cappello, davvero impeccabile! Ero convinta che almeno un selfie i ragazzi lo avrebbero scattato, invece niente. Stuoli di giovani continuavano a passare innanzi al negozio e sia io che il soldatino rimanevamo delusi. Poi provai ad esporre un vaso fluttante, a lievitazione magnetica con dentro una pianta carnivora…anche questa volta un buco nell’acqua. Anche il colibrì elettrico che volteggiava senza mai stancarsi sulle fioriture ebbe successo. Iniziai a fare una statistica i “che bello” venivano pronunciati solo dai bambini, mamme, anziani, mezza età…

Accipicchia la fetta dei giovani, quella più importante, il nostro prossimo futuro veniva a mancare.
Com’è dolce la brezza stasera, fa ondeggiare le corolle delle piantine di Anemoni, queste ultime sono arrivate proprio stamattina!

La varietà che amo di più è la Fokker blu-violetto.
“Il fiore non si apre se non quando spira il vento” (Flos numquam se aperit, nisi vento spirante) così diceva il padre Plinio parlando degli anemoni.
Un gruppo di ragazzi passa davanti al negozio, uno di loro per incanto si ferma ammaliato innanzi agli anemoni blu!

Un miracolo! “L’Anemone blu ha rotto l’incantesimo” mi dico quasi commossa.

Giusto pochi secondi, due occhi che guardano il bello, poi come un sogno che si interrompe bruscamente, la voce dei compagni inveire contro il ragazzo: «Ma dai, vieni, sono scemenze, vieni…».

Il Pifferaio magico li aspetta tutti con le sue copertine di plastica colorate.
Già, dico tra me: «Sono scemenze».
L’Anemone, il fiore del vento, fragile come la gioventù, un fiore che sfiorisce subito, come la gioventù, che si può sciupare con facilità come la gioventù, è una scemenza.
Anemone è anche l’associazione con la parola Anima.
Tutti ma proprio tutti dovrebbero studiare le arti che ingentiliscono l’anima. Vi è una quantità enorme di bellezza intorno a noi, la musica, la danza, la pittura, la natura…
La bellezza suscita stupore, benessere, emozione.
Davide Hume diceva che una causa evidente per cui molti non avvertono il sentimento di bellezza è la “mancanza di quella delicatezza dell’immaginazione necessaria per poter essere sensibili a quelle emozioni più sottili”
La bellezza è allenamento della competenza emotiva e alla sensibilità. Il contrario di bellezza non è la bruttezza ma la rozzezza culturale e l’ignoranza emozionale. (Marco Dallari)
Il concetto di bello nel mondo greco non si riduceva ad un semplice senso formale ed estetico, era indissolubilmente fuso nel bene, nel vero.

L’anima bella si nutre di armonia, di ordine, di misura di sé stessi, di amore, di eros. Platone nel Fedro diceva che la bellezza «è la più percepibile dai sensi».
Per gli antichi greci la bellezza era una delle virtù indispensabile per edificare una vita vera.

Nel mondo di oggi tutto questo è stato totalmente e tristemente dimenticato, tanto da portare Steve Jobs a dichiarare: «Baratterei tutta la mia tecnologia per una serata con Socrate».

Anny Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 

 

 


 
Protea, fiori di fuoco

«Ma cos’è un carciofo?», mi chiede incuriosita la cliente?

«Certo che no », le rispondo, prendendo tra le mani il grande fiore rosa e bianco, «è una Protea, fiore simbolo del Sud Africa. Lo accarezzi è morbido come un gattino.»Sorridendo glielo porgo per farglielo ammirare.

«Che colori, com’è soffice!» risponde la cliente estasiata e meravigliata al tempo stesso.
La cliente decide l’acquisto e trionfante esce dal negozio!
La Protea è un fiore di lunga durata, per un mese mantiene i bei colori vivaci dei coriacei petali, molti la essiccano per magnifiche composizioni semprevive. Se ne contano ben 81 varietà, una più bella dell’altra! Chiunque la riceve in regalo ne rimane entusiasta per la maestosità ed esoticismo che la caratterizza.
La Protea in Sud Africa sua terra d’origine è simbolo di coraggio, diversità, originalità e cambiamento. Risistemo i fiori nel vaso.
Rivedo nei ricordi Maria. Era appena uscita dal gate all’aeroporto di Roma, in una mano trascinava una grande valigia nell’altra un fascio di Protee. Tornava da Città del Capo, mi aveva chiesto di andarle in contro, non era né triste né felice, era come se fosse uscita da una palla di vetro dove noi tutte amiche l’ammiravamo come fosse un’eroina.
Tutto iniziò una calda giornata d’agosto. Nella baia di Positano era arrivato un enorme panfilo. Tutti in paese ammirandolo si chiedevano chi fosse mai arrivato. Maria ed io essendo della Costiera sin da piccole li guardavamo divertite quasi come fossero giocattoli sull’acqua. Eravamo più interessate a guardare le colorate “Pezze di Positano” i vestiti tipici della Costiera Amalfitana. Mentre Maria mi mostrava una camicia di garza stropicciata le caddero gli occhiali da sole. Un signore in jeans, t-shirt e ciabattine di gomma, li raccolse e gentilmente glieli porse. Era accompagnato da due signore più anziane, parlavano inglese. Ci chiesero informazioni sul paese, erano così cortesi che la conversazione continuò gradevolmente tra gli stretti vicoli di Positano. Una volta giunti alla marina gli stranieri ci invitarono a bere qualcosa di fresco. Era vacanza tutti eravamo rilassati e sereni. Prima di accomiatarci, il signore ci chiese se avevamo piacere di essere loro ospiti a cena. Maria ed io ci guardammo, perché no, ci dicemmo e così accettammo. Bene, disse l’uomo, appuntamento alle 20 al molo, il mio steward verrà a prendervi. Stasera ci sarà un party a bordo, spero vi divertirete e così dicendo indicò con l’indice il panfilo a largo!
John era il suo nome, veniva dal Sud Africa, era un business food international man, proprietario di 50 aziende di frutta, verdura, succhi, cibo in scatola, allevamento di bestiame, e animali della savana. I suoi prodotti, a noi così familiari, sono su tutti gli scaffali dei supermercati del pianeta. John non era solo uno degli uomini più ricchi della terra, era anche gentile e semplice nei modi, qualunque donna ne sarebbe rimasta affascinata e fu così che Maria iniziò a frequentarlo. Prima di partire John le chiese semplicemente di vivere con lui in Sud Africa. Certo Città del Capo non era proprio dietro l’angolo, ma rinunciare ad una proposta così era davvero difficile. Maria partì, promettendomi di mandarmi foto della flora locale e tenermi informata. Le foto di lei a cavallo nelle immense distese naturali di Cape Floreal Kingdom erano un sogno, così come il grande deserto fiorito di Namakwland. La grande biodiversità che mi raccontava e fotografava mi lasciavano senza fiato. Viaggiavo con lei attraverso le immagini. Cespugli enormi di Protee, varietà: Nerifolia, King, Leoucospermum, si potevano ammirare a migliaia, per non parlare delle molteplici specie di animali, antilopi, struzzi…
Ai miei occhi tutto sembrava un film, eppure ad un certo punto Maria decise di ritornare a casa e lasciare per sempre il gentile John. Sai mi disse-Io non sono forte come un fiore di Protea. Questi fiori nascono dal fuoco, perché si riproducono quando ci sono gli incedi, le fiamme bruciano le foglie del suolo che soffocano i semi, facendo spazio alle nuove gemme. Io sono un fiore di zagara, semplice profumato che sboccia con un semplice raggio di sole… Non ho la capacità di vivere in realtà così diverse e situazioni estreme. Non voglio vivere in una villa blindata, uscire con la scorta, sapere che tante persone si odiano per questioni razziali…- e così dicendo mi abbracciò. Sentii per la prima volta il profumo dolce ma pungente delle Prootee.
Maria me le porse «Queste Protee non le hai in negozio! Sono per te colte appena tre giorni fa! »
La Costiera Amalfitana ci accolse tra le sue curve morbide e sinuose, i mille raggi di sole brillavano nel mare, tutto era tornato al suo posto.
“L’aria in Africa ha un significato ignoto in Europa: piena di apparizioni e miraggi, è, in un certo senso, il vero palcoscenico di ogni evento.” ( Karen Blixsen)

 

Annie Pellecchia

Leggi gli altri articoli del BLOG - Donna tra i Fiori.

Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore