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Kokedama, giardini sospesi su un mondo di grazia

Una visita, un libro e una vecchia amicizia fra il padre Ugo e un frate sono gli elementi che innescano il nuovo “viaggio” di Annie, sempr ealla ricerca dello spirito più autentico della Natura.

L’ anziano frate entrò in negozio con un pacchetto tra le mani. Alzai lo sguardo e andandogli incontro lo abbracciai sorridendo. Fra Vittorio mi pose tra le mani il dono: « È tuo, sono vecchio ormai, voglio che ritorni a casa di Ugo, me lo regalò tuo padre tanti anni fa». Stupita aprii il pacchetto. Era un libro intitolato “L’art du Bouquet au Japan” che recava questa dedica: “A Vittorio, mio migliore amico e artista, dopo aver avuto elogi per l’ottimo risultato dell’addobbo del Sepolcro”, Napoli 1966. Sfogliai il volume e una carrellata di immagini accarezzò il mio cuore. L’amore per Madre Natura aveva legato il Frate e mio padre per una vita intera. L’Oriente e l’Occidente nei due amici si erano mescolati gioiosamente. Raccoglievano entrambi rami, foglie, pietre, tronchi, radici, ne studiavano le forme per realizzare meravigliose scenografie.

La bellezza dell’essenzialità

Mio padre era molto affascinato e incuriosito dall’arte dell’Ikebana e di tutto ciò che proveniva dal Giappone. Negli anni ’60-’70, proponeva, spiegava, creava su di un Kenzan (poggia fiori simile ad una spazzola metallica) il triangolo “cielo-terra-acqua”, base dello stile Ikebana. «Il Triangolo, la figura perfetta, polivalente, sempre uguale e mutevole», diceva entusiasta giocando con i suoi elementi floreali. Quando poi versava l’acqua nel piatto dove il Kenzan era adagiato, ecco che innanzi al mio sguardo di bambina per davvero si materializzava un piccolo mondo di grazia e  serenità.

Quell’armonia fatta di Natura era una costante tra mio padre e Fra Vittorio. La preghiera, come la Natura, ha linee semplici. Per mio padre invece la bellezza dell’essenzialità fu il metro costante dei suoi lavori.

In armonia con l’universo

Mano nella mano col frate gli mostrai tutti i fiori e le piante del negozio come solevo fare ogni volta che veniva a trovarmi, conservando per ultima la composizioneche desideravo mostrargli! «Hai mai visto un Kokedama?», gli domandai divertita. Fra Vittorio lo guardò attentamente: «Per assonanza Kokedama-Ikebana direi che si tratta di provenienza giapponese!». Risi di gusto: «Giusto! Kokedama significa “sfera di muschio o perla di muschio”. La particolarità di questa tecnica sta proprio nel contenitore. Una sfera fatta di terra, argilla, ricoperta di muschio e legata con un filo di alluminio o nylon. Un impasto che si adatta a qualsiasi pianta. Piace molto al pubblico. «Te ne regalo una, da parte di Ugo, so che gli avrebbe fatto piacere!». Gli posi la sfera tra le mani, il Kokedama accoglieva una deliziosa Tradescantia rosa. «Sai», proseguii, «ho letto che questa idea trova origine dalla fusione di diverse tecniche ancestrali. Nasce da un’esigenza dei giapponesi che, pur vivendo in appartamenti sempre più piccoli, non vogliono rinunciare al loro forte amore per la Natura». È sempre più difficile per loro disporre della stanza tradizionale, la cosiddetta Tokonoma (stanza della bellezza), dove poter ammirare il cambio delle stagioni appendendo un quadro verticale, Kokemono, e inserendo di fronte una composizione Ikebana o Bonsai (pratica quest’ultima che richiede cure non sempre compatibili con il tempo a disposizione nella società moderna). Così, facendo di necessità virtù, ecco che in Giappone sono proliferati negozi di Kokedama. La sfera di muschio, poggiata su di un piatto, o su di un legno laccato, o un treppiede di bamboo, oppure sospesa in aria con fili, ha fuso contemporaneamente: decorazione, facilità di manutenzione, vicinanza alla Natura.

Questa ennesima japomania come uno Tsunami ha invaso tutto il pianeta. Per un occidentale è una moda green, per un orientale è molto di più.

Fra Vittorio accarezzava il suo Kokedama: «San Francesco è stato un rivoluzionario in occidente, il legame d’amore con Madre Natura va rispettato, venerato, tutelato. Conservare questo legame è alla base per entrare in armonia con l’intero universo! Annie, grazie per la tua amicizia», e così dicendo uscì.

 

Annie Pellecchia

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Monstera, maestra di saggezza

Il mondo vegetale dialoga con noi, ma solo se sappiamo ascoltarlo. È quel che Annie fa da anni con la maestosa Monstera deliciosa (Philodendron pertusum) abbarbicata sulla serra del suo giardino. Le foglie più anziane, giganti e placide, sussurrano un invito a non lasciarsi sopraffare dalle avversità.

 

In un tempo perfetto di molte estati fa,  il giardino di casa era in pieno fermento. La mattina gli operai pulivano e tagliavano le fronde verdi per gli allestimenti floreali da preparare il giorno seguente. Il pomeriggio, invece, noi bambini, dopo il mare, instancabili, organizzavamo giochi all’aria aperta. Il giardino era un vero campo di battaglia! Corse, grida, risate, ginocchia sbucciate esibite come trofei di coraggio, senza versare mai una lacrima.

I nascondigli erano tanti, ma quello che preferivo era la maestosa pianta di Monstera deliciosa (Philodendron pertusum), abbarbicata sopra la serra non avendo trovato un albero a cui appoggiarsi. Le grandi foglie grazie alle caratteristiche fenditure erano perfette per controllare le mosse dell’avversario senza essere vista. Come una governante affettuosa, riusciva per pochi minuti a fermare il mio moto perpetuo incantandomi davanti al suo fiore che improvvisamente, nel momento più caldo dell’estate, sbocciava, simile a quello dello Spathiphyllum ma più carnoso e dall’odore pungente e poi dal frutto a forma di spiga di mais. Lo guardavo incuriosita, mia madre d’intesa con mio padre mi tenne sempre nascosta la commestibilità.

La magia della genesi

Una volta rinfrescati e degni di essere riammessi in casa, uno tra i miei passatempi preferiti era quello di sfogliare ilibri della biblioteca di mio padre, ricchi di immagini di fiori, piante e animali di tutto il mondo. Un giovane David Attenborough ci erudiva sulla riproduzione di questa prodigiosa pianta, che può avvenire sia attraverso le radici che attraverso il suo fiore. Quest’ultimo, una volta maturo cade in terra. I semi dal pistillo attecchiscono al terreno. Un piccolo germoglio fa una rotazione di 360°alla ricerca di un appiglio. Ha un tempo limitato, se non vi riesce in pochi giorni muore.

 Tradizioni e cambiamenti

2022, la grande Monstera è ancora lì nello stesso punto. Attorno tutto è cambiato, il silenzio ha avvolto il giardino. Ogni volta che ripercorro il viale, i miei ricordi impressi sulle grandi foglie tornano a vibrare. Ogni pianta del giardino messa a dimora da mio padre aveva lo scopo di decorare ma soprattutto ogni pianta era la chiave di volta per abbellire i lavori floreali che creava con passione e fantasia, libero da ogni schema. Le foglie di Monstera, Tetrapanax papyrifer, Strelitzia augusta, palme ecc. davano una maestosità ai lavori destinati alla chiesa da lasciare senza parole chi li guardava. Negli anni ’60-’70-’80 i Mercati dei Fiori non erano ancora organizzati per offrire tanta scelta come oggi. Il nostro giardino era il laboratorio per trovare tutto quello di cui si aveva bisogno. A Natale poi le foglie venivano tinte di oro, e la magia brillava nelle case dei clienti!

Nell’arte floreale le foglie delle Monstere si sono colorate con tinte fluo, non contemplate negli anni passati! È una pianta amatissima soprattutto dai più giovani e i floricoltori oggi ci deliziano con tante varietà.

Quel che le piante insegnano

Se nel 1977 ne avevano catalogati appena 20 di Philodendron, oggi si contano ben 60 generi. I botanici e gli studiosi sono sicuri che ancora altri esemplari sfuggono alla nostra conoscenza. È una corsa contro il tempo prima che la flora tropicale venga distrutta dalla deforestazione. Ogni volta che consiglio una di queste varietà a un cliente non dimentico mai di elogiare le sue foglie traforate. Mi ha sempre affascinato l’intelligenza di ogni pianta, la capacità di trasformarsi secondo l’habitat in cui vive. Le fessurazioni servono alla Monstera durante le impetuose tempeste tropicali a far passare il vento senza che si rompano le grandi foglie. Anch’io ho preso ispirazione da questa pianta: ho imparato a farmi attraversare dalle avversità della vita senza soccombervi.  Con gli anni cerco di fare continui miglioramenti, penso di essere sulla buona strada, il mio cuore conta già parecchi fori! 

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Tre grandi scrittrici ed i fiori

Ho incontrato tre donne in questi anni di vita, tre donne con le quali ho potuto conversare delle stesse passioni: la scrittura e l’amore dei fiori. Sicuramente le conoscete: Emily DickinsonMatilde Serao e Grazia Deledda.

Tre donne che attraverso la scrittura hanno trovato rifugio, sfogo, cura dell’anima, consolazione e per tutta la vita hanno tanto amato i fiori. Una grandissima differenza però divide le due italiane da Emily. Quest’ultima osannata e divulgata dal suo paese d’origine (Stati Uniti d’America – NdR) è diventata un’icona conosciuta in tutto il mondo. Matilde e Grazia, pur essendo due eccezionali scrittrici, invece non sono state degnamente celebrate e onorate, secondo il mio pensiero, sia dal mondo accademico e sia dal mondo del verde.

Matilde, regina di fiori

La penna di Donna Matilde porta con sé tutta la bellezza della Grecia che le diede i natali e tutta l’energia di Parthenope, Napoli, la città d’adozione. Matilde amava i fiori freschinella sua casa non mancavano mai. «I fiori sorriso di tutte le stagioni [...] Dio non lascia mai gli uomini senza fiori [...] I fiori sono la poesia immortale della terra [...] Il fiore è bello perché è fugace, perché è la promessa di altri fiori [...] Amate i fiori!». Slogan immortali. Era la voce nazionale che incitava ad amare i fiori e le piante, ad acquistarli, ad adornare con essi le case e la propria vita! «...Fra i pesanti velluti...fra i cupi colori delle tappezzerie orientali, voi potete mettere delle belle, delle floride, delle magnifiche piante che ravvivino tutto questo e che vi creino l’illusione della campagna, del colle, del bosco». Con il suo carattere esuberante, bacchettava i fioristi napoletani quando “ferravano” i fiori, e rimproverava le «care italiane mie, care sorelle mie... voi non sapete amare i fiori [...] voi non ne conoscete neppure i nomi più comuni!».

Matilde portava il grande cruccio di una nazione – quella italiana – distratta verso il mondo del verde: «Come si spiega che fra noi non esista né il culto né l’amore per i fiori?». Per Lei era «una armoniosa corda mancante» di un Paese che amava tutto, da Nord a Sud. Apprezzava la flora delle Alpi, dove si rifugiava spesso, i boschi degli Appennini e il profumo dei fiori spontanei sbocciati in primavera, degli orti, dei giardini, delle terrazze, dei balconi napoletani.

Grazia di nome e di fatto

Grazia Deledda invece come Emily è chiusa in un giardino. Ma il suo giardino è silenzioso, arcaico, selvatico e si chiama Sardegna. Quanta natura nei suoi scritti. Le macchie di lentisco, ginepro, le muraglie di fichi d’india, i boschi di sughero, di carrubi, i giuncheti, i bassi ontani lungo il fiume, le siepi di rovi e di euphorbie. Ne conosce il profumo, la poesia, la magia. Una magia donata al cuore di chi sa guardare.  Grazia è figlia del Dio Pan. «...La giornata dell’uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti delle fate degli spiriti erranti». I suoi personaggi nell’immensità di una natura prepotente dell’isola quasi si confondono con essa. Le sue pagine sono piene di similitudini, un modo di legare la natura alle persone, come le donne nel giorno di festa con i loro abiti ricamati da sembrare un campo di fiori.

Grazia è semplicemente meravigliosa, la sua scrittura è saggia come la tradizione popolare di cui la sua antica terra è pregna. La grazia non è solo nel nome che porta, ma anche nei gesti dei suoi personaggi. Come quello di Efix, l’umile servitore di “Canne al vento” che coglie ora una violaciocca, ora un gelsomino, ora una viola, ora una margherita. Quando muore, la sua padrona, «ricordandosi che gli piacevano i fiori, spiccò un geraneo dal pozzo e glielo mise tra le dita».

L’incanto della vita

Matilde, Grazia ed Emily, non si sono mai incontrate, ma mille cose le legano l’una all’altra. Nel loro intelletto e nella loro anima scorre nettare di fiori. Soprattutto tutte e tre hanno protetto quel sogno fatto di folletti, fiori, fate, profumi, lune piene... che le ha aiutate a vivere, a soffrire, ad amare e a morire. 

Annie Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 


Muscari, leggiadri fiori blu

Leggiadri fiori di un blu intenso o rozzi cipolloni amarognoli? I Muscari sono l’una e l’altra cosa, ma in ogni caso saranno le amorevoli cure a farli crescere copiosamente perché possano allietare le giornate.

Ho bisogno di camminare, ora più che in passato, ho bisogno di immergermi nella natura attraverso i sentieri che qui dalle mie parti chiamano mulattiere, un intricato dedalo di stradine acciottolate o in terra battuta che nel passato univano come un filo d’Arianna tutti i paesini della Costiera Amalfitana. La dolce brezza primaverile mi accarezza il viso, mi allontano sempre di più dai rumori della civiltà, da fiumi di parole inconsistenti, dai ritmi di vita uguali giorno dopo giorno.

«È strano, ma per la prima volta nella mia vita mi sento inadeguata al mondo di oggi». Ecco questa frase la pronunciai qualche giorno fa in negozio di fronte ad un’anziana cliente che aveva appena acquistato una primula. La signora, senza scomporsi, mi rispose che molti vivono lo stesso disagio. Era per questo semplice motivo che aveva scelto una primula gialla, voleva che nella sua casa entrasse una luce, che i suoi nipotini, attesi a pranzo di lì a poco, si nutrissero non solo del cibo da lei amorevolmente cucinato ma anche di quel giallo-primula e dei suoi sorrisi di nonna. E poi aggiunse: «Non abito vicino, sa, ma ho deciso di fare una passeggiata e allungarmi fin da lei, perché qui in questo negozio c’è anima!».

Soavi melodie floreali

Anima dal greco ànemos, soffio, vento. È per questo che mi sono spinta fin qui nella natura, per rianimare quel soffio vitale, poetico che per me è ragione di vita. Un carrubo dalle lucide foglie ovali apre il sentiero, ce ne sono parecchi in questa area geografica, meravigliosi esemplari con i loro tronchi centenari si alternano ad alberi di ulivo. Le piante come in una perfetta sinfonia si susseguono l’un l’altra, ognuna con il proprio timbro e colore, il viburno risuona di echi leggere, adagio di trifogli in fiore, ombre cespugliose di Laurus nobilis, bordone di cupi alberi di leccio cedono il passo al risonante accordo di una colonia di querce. Ed è in questo “climax musicale” di semioscurità che lievemente, in dolce progressione, spunta un piccolo leggiadro Muscaro blu. Quant’è breve la sua fioritura: il primo caldo lo farà svanire per ritornare ancora come una promessa d’amore l’anno che verrà.

Fiori e simpatia, connubio perfetto

Mi ha sempre attratto questo piccolo fiore, un mini grappolo d’uva capovolto, dal blu intenso tra i più belli in natura. Al Mercato dei Fiori, dove mi approvvigiono solo da pochi anni, si trovano graziosi mazzolini di queste meraviglie turchine, alle quali non so resistere! Li compro per pura gioia, non mi importa se li venderò o meno, saranno miei finché qualcuno non li vorrà comprare. Se appassiranno in negozio poco importa, sapranno di essere stati celebrati, fotografati, raccontati ad ogni cliente.

In commercio si possono trovare anche in vaso. Regaleranno la magica sorpresa di vivere la fioritura in casa o sul davanzale.

Mario, un gentile cliente napoletano trapiantato a Salerno, ogni volta che passa mi saluta, ammira le piante, le fotografa, mi tagga! È impossibile non regalargli un fiore per ricambiare la sua gioia innata. Così anche un vasetto di bulbi di Muscari un giorno finì tra le sue mani: «Conosci i Muscari? Vedrai, ti conquisteranno!», gli dissi salutandolo.

In negozio vive un detto antico che spesso usava mio padre: «Dove c’è simpatia non c’è perdenza!». Non esiste solo la legge del “dio denaro” ma anche quella della cordialità, del sorriso, della chiacchera, dell’omaggio disinteressato che ti cambia la giornata e ti accarezza l’anima. Mario, da buon napoletano, mi mandò dopo poche ore un messaggio: «Anny, ma i Muscari sono lampascioni (cipolle)?». Accipicchia, non ci avevo mai fatto caso! Effettivamente in certe aree meridionali i Muscari di alcune specie (ad esempio M. pyramidale, M. comosum ecc.) vengono cotti e mangiati. Lo richiamai immediatamente: «Mario, per piacere, dammi soddisfazione, falli fiorire prima e poi te li mangi!!!», dissi scherzosamente. Infine aggiunsi: «E poi domani è domenica, per la genovese questi non vanno bene!». Così tra una risata e i Muscari in salvo, chiusi la saracinesca del negozio. Un’altra giornata era finita, calava il sipario sul nostro meraviglioso mondo di fiori. Pronto a riaprirsi l’indomani.

Annie Pellecchia

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1970 – 2022 Bentornate Idroponiche!

Me lo ricordo il negozio negli anni ‘70 ! Ero solo una bambina, ma all’epoca si cresceva dietro i banconi dell’attività dei genitori...Ricordo le mensole con i moderni vasi Vastil dalle forme stravaganti, coloratissimi o verde trasparente; con riserva d’acqua!
Ricordo l’entusiasmo dei miei genitori nel presentare ai clienti la novità assoluta di quegli anni fulgenti!
“ Idroponiche. Piante che vivono in acqua,con pochissima manutenzione!”
Per la donna moderna sempre di corsa (tra casa, lavoro e bambini; o in ufficio) in ogni luogo la pianta Idroponica è la soluzione perfetta!
All’epoca quattro erano i punti fondamentali di tanto successo della coltura in idrocoltura:
poche cure; nessuna necessità di particolari conoscenze specifiche; resistenza (anche per lunghi periodi di assenza dovuti a vacanza, o lavoro); lunga vita della pianta!
Un successo! Le piante si compravano come il pane! Insieme alle piante spesso si accompagnava l’acquisto di una sostanza “magica” racchiusa in un barattolino bianco con la scritta, di colore verde del prodotto ( Lewatit) …Concime specifico, insostituibile perché il “miracolo”- grazie alla Chimica- si compisse.
Granellini di colore arancio venivano versati nel fondo del vaso e voilà la panacea del vivere si rivelava finalmente possibile!
Infatti il fertilizzante “a scambio ionico” era la chiave vincente della moderna idrocoltura anni 1970!
Bastavano pochi grammi di prodotto e la cura della pianta veniva ridotte al minimo.
Solo ogni sei mesi era necessario il cambio dell’acqua.
Infatti l’acqua con sorpresa generale di noi tutti durante i lunghi mesi, rimaneva ricca di sostanze nutrienti e limpida!
Ancora fino a pochi anni fa qualche anziana signora mi chiedeva il concime “miracoloso”, memore dei lontani anni ‘70!
Sembrava che il fantastico mondo dell’idrocoltura fosse caduto nell’oblio...finché (poche settimane fa) i fornitori del mercato spedirono le immagini dei i nuovi arrivi tramite Whatsapp!
Incredula ingrandii l’immagine ..bocce d’acqua su basi luminose, contenenti piante di Ficus lobata, Monstera, Philodendron... Bottiglie colorate contenenti anch’esse piante in idrocoltura…Altre forme stravaganti di vetri con le stesse varietà.
Si può immaginare il mio entusiasmo! Le piante Idroponiche di nuovo tra noi !
In effetti in tutti questi anni l’idrocoltura, quantunque sparita dalle mensole dei fioristi, aveva intrapreso un percorso molto importante: la produzione di frutta e verdura in luoghi desertici.
Nei super mercati degli Emirati non sarà difficile trovare confezioni di fragole, mirtilli, pomodori, cetrioli , insalate prodotti in fattorie Idroponiche!
Ma la scommessa da qui al 2050 è molto più ardua.
Entro il 2050 la popolazione mondiale si prevede sarà 9,7 miliardi di persone. Con tale “aumento vorticoso” di persone ci sarà (inevitabilmente) una cospicua riduzione di terre coltivabili.
Tali -colossali-cambiamenti demografici, richiederanno studi di nuovi metodi di produzione.
Le “Fattorie verticali”, previste per “ produzioni di specie vegetali su più livelli sovrapposti” potrebbero essere la chiave di drastica e consistente svolta.
Le produzioni cambierebbero il loro spazio: da orizzontali diventerebbero verticali...ovviando così il consumo del suolo.
In più, la riduzione dell’uso di pesticidi e agrofarmaci; il risparmio idrico (fino al 90% contro l’attuale, all’aperto), il controllo delle soluzioni nutritive e la relativa semplicità di realizzazione ...fanno ben sperare in un” mondo più consapevole”.
Modelli innovativi di’ necessità planetaria’... in un vicino futuro potrebbero essere inseriti anche in contesti più piccoli come le “formule” di orti urbani.
Intanto in negozio, nuove generazioni guardano incuriositi le “nuove” piante Idroponiche! Belle da esporre in salone; bar, studio, ristoranti… La luce, l’acqua, le radici, la chioma verde creano nuove atmosfere ed arredamenti “glamour”.
Una cliente avvicinandosi ammaliata, ne compra una.
Sarà ‘la luce da notte’ della stanza della figlia.
-Mi piace pensare a quest’immagine: una bambina che si addormenta guardando al Futuro.
Le nuove generazioni hanno il diritto di godere la bellezza del pianeta Terra.
Sarà possibile solo suscitando “nuove coscienze ambientai” su scala mondiale!

Annie Pellecchia

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