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Marimo - atmosfere zen

Si chiama Marimo. È un’alga d’acqua dolce dalla curiosa forma sferica, molto longeva, amica dell’ambiente e di buon auspicio. Ideale da suggerire a chi è in cerca di energia positiva 

Erano lì quella mattina sui carrelli al Mercato dei Fiori. Mi avvicinai per guardarli e rendermi conto di cosa fossero fatte. Alle mie spalle Salvatore, un mio fornitore abituale, esclamò: «Marimo! Sono alghe giapponesi portafortuna». Sospirai tra me: «Sì, certo, porta fortuna!».

Erano delle semplici palline verdi vellutate, adagiate su un fondo di pietrisco grigio dentro contenitori di vetro pieni d’acqua dolce. Non suscitarono in me nessuna emozione, ma ne comprai ugualmente una confezione intera per non deludere l’entusiasmo di Salvatore. Comunque era una novità da esibire ai clienti.

Tornata in negozio disposi i vasi di vetro su una mensola. Avevo visitato il Giappone in una vita lontana: ricordo ancora i colori, la dolcezza della natura, i sorrisi di mio padre che si rispecchiavano nei miei mentre attraversavamo quella natura meravigliosa, visitavamo i templi, contemplavamo la maestosa eleganza del monte Fuji. Ricordo i miei piedi attraversare un fresco ruscello in un “Bonsai park”, le variopinte carpe nuotare con le tartarughe nel fossato che circondava il Palazzo imperiale di Tokyo. Eppure quelle alghe non mi dicevano niente.

Ero stupita di questo mio stato d’animo; in tanti anni non mi era mai successo. Continuai il mio lavoro quotidiano. Una ragazza salernitana entrò con il suo bel fidanzato francese per comprare dei fiori da portare alla mamma di lei. Erano felici, mano nella mano scelsero le combinazioni di colori. Mentre confezionavo il fascio, vidi che lo sguardo di lui si posò stupito sui Marimo. Quasi ne fui invidiosa, era la prima volta che la curiosità di un cliente precedeva la mia. I due innamorati andarono via.

La rivelazione

Riguardai Marimo, ancora niente! Se gli fossero piaciute, l’avrebbe comprate, pensai tra me. Invece il giorno dopo eccolo di nuovo il ragazzo francese. Comparve davanti la porta, questa volta solo, senza fidanzata. Ci aveva pensato tutta la notte e come un amante furtivo era scappato un attimo in negozio per impossessarsi della sua alga giapponese!

Caspita! Mi avvicinai, presi il cartoncino che avevo letto distrattamente come un bugiardino di un medicinale e lo rigirai tra le dita: Mari-Mo ossia “biglia acquatica”. Cambiare l’acqua ogni 7-10 giorni. Nascono in laghi con correnti circolari che facendole roteare costantemente plasmano la loro forma circolare. Crescono circa 5 millimetri l’anno e riescono ad arrivare anche alla veneranda età di duecento anni.

Lo squillo del telefono distolse ancora una volta la mia attenzione dall’alga. Finita la conversazione con la cliente, mi accinsi a preparare un nuovo fascio da consegnare. Tra un fiore e l’altro pensavo a Marimo, alle correnti che lo facevano volteggiare nell’acqua dei suoi laghi lontani, alla popolazione giapponese che lo riteneva non un portafortuna ma un talismano! Beh, c’è una bella differenza, sorrisi tra me! Nella mia mente passarono frettolosamente due leggiadre Geishe tra i vicoli di Kyoto. Rividi i talismani cuciti nell’obi (cintura) dei loro soffici chimoni. Un amuleto portafortuna protegge, ma un talismano attira amore, energie positive, fortuna, salute ecc. Sorrisi alle geishe dei miei lontani ricordi e tornai dai miei Marimo.

Prendersene cura con amore

Desideravo far volteggiare le alghe, volevo che fossero felici. Così, presi le ampolle, le svuotai, sciacquai delicatamente i Marimo sotto l’acqua corrente, feci decantare la nuova acqua, sostituii il pietrisco grigio con uno bianco per far risaltare meglio il colore verde.

Rituffai le sfere nell’acqua. Caddero sul fondo, poi dopo pochi minuti iniziarono a prendere vita, a muoversi verso la superficie. Piccole bollicine d’acqua si attaccarono ai filamenti pluricellulari delle alghe e come danzando raggiunsero la superficie! Finalmente le osservai con uno sguardo nuovo. Cos’era successo alla mia anima? Era caduta anch’essa nel fondo su di un pietrisco scuro, aveva dovuto fare i conti con la vita che ognuno di noi conosce, i lutti, il lavoro, l’età, incertezze del futuro... Tutte quelle emozioni mi avevano turbata, era un disagio che non volevo ammettere. Marimo come un vecchio Bonzo di cento anni è venuto a farmi visita, e con l’infinita saggezza orientale mi ha esortato a prendermi cura di quell’anima che non volteggiava più, rinfrescarla, ossigenarla, accarezzarla.

Con la grazia di una Geisha poggiai l’ampolla sul bancone. Una cliente entrò in negozio cercando un omaggio per una casa nuova da inaugurare. «Le posso consigliare un Marimo?», dissi. «È una novità, viene dal Giappone, facile da curare, un talismano di energie positive!».

 

Anny Pellecchia

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Copyright © Ugo Pellecchia & Il Floricultore

 

 


 
Bianca come il Lilium

Ogni fiore è un’emozione, ogni emozione è un colore la serenità è pura e bianca

Anna è un medico in prima linea in quest’era di Covid. Quando finisce il turno in ospedale ha un desiderio: ritornare a casa lontano da tutti e tutto.

Una volta alla settimana, però, trova anche il tempo di passare nel mio negozio di fiori. È sempre molto provata: «La gente non si rende conto, in ospedale è un vero inferno», mi ripete. Vive quello che non avrebbe mai immaginato.

In negozio siamo tutti per lei. Ci racconta il piacere di disporre i fiori nel vaso, attendere che le grandi corolle si schiudano, levare delicatamente gli stami per non macchiare i candidi petali col polline. Durante la settimana, le mando qualche foto di fiori via WhatsApp, è il mio modo per darle conforto.

Il fiore dei fiori

Anna sceglie sempre un fiore vecchio come il mondo: il Lilium bianco. Forse perché i colori accesi in questo momento la stancano.

Il Lilium è un fiore che si perde nella notte dei tempi, figlio delle terre di Siria e Palestina. È presente nella vita di grandi civiltà, dai greci agli egizi fino ad arrivare nel lontano oriente. Aveva un significato e una funzione sacrale nei culti femminili, per questa ragione taluni lo considerano il fiore dei fiori “anthos antheon”.

E Anna, inconsciamente, proprio come le sacerdotesse greche, ripete quei gesti puri, che rasserenano l’animo. Le sue mani sono le stesse mani di quelle donne, incise su alcuni anelli ritrovati dagli archeologi a Isopata, nei pressi di Cnosso, o in affreschi micenei che raffigurano scene liturgiche.

Il profumo del Lilium è una cabala, un miscuglio di miele e pepe, dolce, acre, lieve, forte, allo stesso tempo. Per questa ragione molti clienti lo scartano a priori, ma con Anna è diverso. Lei conosce l’odore della sofferenza, una volta a casa si lascia cadere sul divano del salone, ammira i suoi fiori e chiudendo gli occhi aspira quel profumo di terre lontane. «Mi rilassa tutto questo», mi ha raccontato un giorno. La sua casa è il suo tempio, solo lì trova pace.

Ritemprarsi con le piante

Per tutti coloro che oggi lavorano in condizioni estreme, in reparti difficili, appesantiti da tute, mascherine, visiere e guanti, non è facile tornare al mondo esterno. I fiori per Anna sono diventati un appuntamento indispensabile per rafforzare il suo equilibrio interiore.

Questo deve far pensare a un futuro diverso. Sarebbe utile avere piante e fiori in tutti gli ospedali per permettere al personale sanitario di riposare la mente, assorbire energia positiva e ritornare in corsia con più concentrazione. Sono teorie scientificamente provate. Investire nel verde non è solo la scelta più giusta, ma migliora la vita.

Giacomo Leopardi, già lo aveva intuito lasciandoci tra i suoi scritti questo monito: «L’uomo si allontana dalla natura, e quindi dalla felicità, quando a forza di esperienze di ogni genere, ch’egli non doveva fare e che la natura aveva provveduto che non facesse».

Il Lilium cantato, dipinto, scolpito, modellato ha ispirato tutte le arti. La sua bellezza è andata in competizione con la rosa nella storia della Cristianità: «Come un giglio tra i cardi così la mia amata tra le fanciulle» (Antico Testamento). Sotto un velo di amore umano veniva simbolicamente celato l’amore di Dio verso gli uomini.

Senza contare la Sacra Famiglia, ben sedici Santi vengono raffigurati iconograficamente col bel fiore. Ne cito uno per tutti, San Antonio da Padova!

Il Lilium ‘Casablanca’ era fino agli anni ’80 il Re degli addobbi floreali in chiesa. Le spose accompagnate dai genitori non sentivano ragioni: «Casablanca, Casablanca, Casablanca!». Ho ancora negli occhi la figura di mio padre che, parlando ad alta voce tra sé, prendeva gli ultimi appunti in agenda per il matrimonio concordato.

Quanto tempo è passato e quante cose sono successe da allora. Una cosa però è sempre più chiara nella mia mente: la bellezza di cui è pregno il nostro lavoro di fioristi va difesa oggi più che mai. Dobbiamo continuare anche in tempi difficili ad esporre i nostri meravigliosi fiori e le nostre piante come antidoto ad uno dei tanti effetti collaterali del Covid: la tristezza.

Anna è un esempio per tutti noi, ama la sua professione, la sua dedizione è ammirevole, ma ha bisogno della magia dei fiori per attraversare questo campo di battaglia.

Un giorno tutto questo finirà e, come diceva, Cesare Pavese usciremo «per le strade cercando i colori […] I colori non piangono, sono come un risveglio: domani i colori torneranno».

 

Annie Pellecchia

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La Rosa, l’amore e il numero 5

“Una rosa, è una rosa, è una rosa”. Suona così uno dei più celebri versi di Gertrude Stein, che di fronte alla meraviglia di questo fiore s’arrende e non trova altre parole per celebrarlo. Eppure la rosa è un simbolo complesso, che proviamo a svelare in queste pagine

L’amore è quel sentimento che, nonostante avversità, guerre, epidemie, burrasche, busserà sempre alla porta di un fiorista. Sì avete letto bene! Un fiore per dire “ti amo” e dietro quel “ti amo” si affollano altri mille pensieri... “io ci sarò sempre”, “scusami”, “ci rivediamo”, “condividiamo”, “creiamo”, “amiamoci”, e chi più ne ha più ne metta.

La Rosa rossa rimane sempre la regina di cuori. Un fiore disponibile ovunque nel pianeta, da tempi immemorabili. Voglio esagerare: molto prima della comparsa dell’uomo sulla Terra. La sua vita conta decine di milioni di anni, una roccia spaccata in due è la traccia del suo fossile che attesta il primo patto d’amore.

Nel segno del cinque

La carezza di cinque petali, uno stelo, le spine, un sigillo di sentimenti tra Natura e Creato.

Cinque, un numero speciale, unione di luce e cuore, un numero a cui le culture del pianeta hanno dato un ruolo importante.

Cinque è il simbolo dell’Uomo Universale (Uomo vitruviano). I pitagorici riservano al 5 il matrimonio tra femminile e maschile, essendo la somma del primo numero pari 2 e del primo numero dispari 3. Cinque sono gli elementi (acqua, aria, terra, fuoco ed etere), cinque i sensi (vista, udito, tatto, gusto, odorato). Cinque le dita della mano.

Cinque, “la mano” nella smorfia napoletana. Un simbolo di grande valore, la mano infatti comunica con gli esseri viventi ma anche col divino, la mano di Fatima è la chiave delle conoscenze segrete per i mussulmani.

Non c’è rosa senza spine?

Anno dopo anno, le rose, sempre più belle, sempre più perfette, arrivano ai mercati generali. Le corolle omogenee, vellutate, leggermente profumate, di colore intenso, ricche di petali, sono davvero un’opera d’arte. Le spine invece sono quasi sparite!

Tempi lontani quelli di Nilla Pizzi, quando nel 1958 in “Grazie dei fiori” cantava: «In mezzo a quelle rose ci sono tante spine, memorie dolorose di chi ha voluto bene».

L’amor che move il sole e l’altre stelle

Ah, l’amore! Spesso così mal gestito da uomini e donne ostinati a desiderare ciò che non è in loro potere, declinando così il proprio amore nell’infelicità.

Può succedere a ognuno di noi prima o poi di venire impossessato da un demone che ci porta fuori strada.

Amore ai tempi d’oggi è una parola usata come un frullatore. Bisognerebbe fermarsi un attimo, allontanare lo sguardo dai nostri cellulari e riascoltare le parole dei nostri padri. Gli antichi greci distinsero l’amore con tre nomi: Eros, Agape e Philos.

Eros è l’amore carnale, desiderio, bramosia dei sensi, è un fuoco divoratore, che tutto vuole e tutto prende, e tanto più prende più ci destabilizza nel momento in cui questo fuoco si affievolisce e ci si ritrova spesso soli.

Ma non bisogna cadere in depressione, perché c’è ancora da conoscere Philos, un amore profondo, vero, un amore di cui ci si può fidare, un amore che può tenere legati un uomo e una donna ma anche un’amicizia, che può unire fratelli, parenti, o può stringerci a un animale domestico, è un amore-amicizia che ci fa compagnia, non ci fa sentire soli. È importantissimo nella vita di ognuno di noi e merita molta attenzione, perché ci accarezza ci protegge. È un filo invisibile che antepone prima della nostra felicità quella dell’altro. Eccolo Philos, quando entra in negozio è fatto di girasoli, tulipani, fresie, è tutto colorato, e quante belle parole porta con sé: «Sei il mio porto sicuro… Amica mia ti voglio bene… Sempre amici per la pelle».

Alla fine c’è Agape, l’amore spirituale, che eleva l’uomo verso la divinità, il Creato che ci circonda, la distesa del mare, le vette delle montagne, le sterminate pianure, il profumo del bosco… Agape è un patto divino di pace e prosperità tra Dio e l’umanità. Una stretta di mano, 5 dita, 5 petali sigillati per sempre in una roccia. 

 

Anny Pellecchia

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